I NOSTRI CONTATTI

[ museo del costume ]

MU.DE.CO

Nel 2014 l’Amministrazione Comunale di Ragusa acquisisce una preziosa collezione di abiti e accessori appartenuta a Gabriele Arezzo di Trifiletti, composta da:

Attraverso un paziente e complesso lavoro di restauro, supportato dalla Banca Agricola Popolare di Ragusa, a partire dal 2015 si è intrapresa una complessa opera di restauro degli articoli più compromessi e di pianificazione dell’allestimento nei bassi del Castello con un ambizioso obiettivo: creare un museo permanente della Storia del Costume siciliano tra il XVIII e il XX sec.

Il progetto, a firma degli architetti Giuseppe Gurrieri e Nunzio Sciveres, viene realizzato nel 2016 e portato avanti insieme a una nutrita squadra di professionisti e maestranze. Il concept del progetto ha dato precedenza a un approccio conservativo, data la valenza storica dei locali ospitanti, caratterizzati da ampie volte in pietra e possenti fondamenta, senza tuttavia rinunciare a un innesto di micro-architetture di segno più contemporaneo.

Nello specifico, l’introduzione di “gabbie”, che non negano l’architettura preesistente ma ne sottolineano al contrario la rilevanza in modo del tutto inaspettato, ha reinventato le volte e le pareti della struttura, ricoprendole interamente con tendaggi in velluto ignifugo naturale che, senza intaccare la struttura muraria, risolvono il problema dell’oscuramento della luce naturale.

Inoltre un sistema di teche, pedane e luci orientabili ha completato lo splendido e prezioso contenitore.

L’allestimento dei pregiati pezzi da collezione è stato affidato alle sapienti mani dell’architetto Giuseppe Nuccio Iacono, coadiuvato con competenza da fidati collaboratori con i quali ha organizzato una coinvolgente narrazione di “tre secoli di moda”.

Al museologo-storico del costume è stato affidato il delicato compito di andare oltre le forme e i colori della materia per sentirne la “parte immateriale” che ne costituisce l’anima invisibile: dietro ogni piega ha voluto riportare alla luce le danze, la musica, gli sguardi e le chiacchiere e quella fitta trama sociale di un mondo lontano.

Ogni manichino ha interpretato il corpo che ha indossato quell’abito mediante un certosino lavoro di modellazione della forma che ha seguito e accompagnato le linee sartoriali del vestito.
A completamento, una serie di accorgimenti che garantiscono con impianti tecnici tutti i parametri necessari per la corretta conservazione dell’umidità relativa, temperatura, filtraggio delle polveri e illuminazione.

Il MUDECO così, dall’ottobre 2020, può aprire le sue porte ai visitatori del Castello di Donnafugata.

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I PERSONAGGI DEL MUSEO

[ scopri la storia del MUSEO]

IL MUSEO IN DIECI DATE

1984

Gabriele Arezzo di Trifiletti riceve in eredità dal padre defunto 408 bauli: scoprirà che sono pieni di abiti e accessori risalenti agli ultimi tre secoli della storia siciliana. Questo costituirà il nucleo fondante della collezione che, nel tempo, sarà arricchita da acquisizioni mirate e ben calibrate.

2014

Dopo un mancato accordo con Palazzo Pitti (Firenze) e il vincolo imposto dalla regione siciliana, il Comune di Ragusa acquista la collezione da Gabriele Arezzo di Trifiletti.

2016
Viene affidata la progettazione di un museo del costume da ospitare nei bassi del Castello di Donnafugata a Ragusa. Il progetto viene stilato dagli architetti Gurrieri e Sciveres.

2016

Allestimento della prima mostra temporanea “Ottocento. Moda: estetica, vanità e mutamento”, allestita dall’arch. Iacono e dai suoi collaboratori, presso il piano nobile del castello in cui la collezione fa la sua prima comparsa.

2016

Allestimento della seconda mostra temporanea “Tra pizzi e merletti: storie di vita privata al castello”, allestita dall’arch. Iacono e dai suoi collaboratori, presso il piano nobile del castello di Donnafugata.
2016-2019
Si procede ai restauri degli abiti più malconci, grazie al contributo della Banca Agricola Popolare che si affianca all’Amministrazione Comunale.

2017

Allestimento della terza mostra temporanea “La bella epoque”, allestita dall’arch. Iacono e dai suoi collaboratori, presso il piano nobile del castello di Donnafugata.

2019

Si completano gli ultimi lavori relativi a illuminazioni e impiantistica nel nascituro Museo.

2020

Viene definito dall’architetto Giuseppe Nuccio Iacono, museologo specializzato, il progetto di allestimento della collezione.

2020

Si predispone la campagna promozionale, la veste grafica e il sito web: l’inaugurazione è alle porte.
[ scopri alcune storie sul MUSEO ]

STORIE DAL MUDECO

LA VITA... TI STA STRETTA…

In passato …. nell’arte del vestire, il "canone di bellezza" coincideva spesso con il "canone di sofferenza".
Per diversi anni e a partire dal XVII secolo era di gran moda portare il corsetto (busto) per far assumere al corpo femminile quella classica forma a CLESSIDRA.
Il CORSETTO era un indumento composto da tessuto rinforzato da stecche che oltre a stringere la vita, ne modellava i fianchi mettendoli in evidenza. Aveva anche il ruolo di far risaltare il seno e di ridurlo di dimensioni appiattendolo .... assecondando la moda del tempo.
La tendenza di raggiungere un giro di vita anche di 40 cm faceva sì che per indossarlo era necessario l’aiuto di qualcuno. La stretta era micidiale per la gabbia toracica che per la compressione non permetteva poi una normale respirazione (il diaframma veniva spinto verso l'alto e si riduceva il volume dei polmoni con le conseguenze che ne derivavano).
Al Corsetto si abbina spesso il “MALE DI GLENARD” malattia conosciuta come Visceroptosis, ossia mancanza di tono del muscolo addominale e del dislocamento viscerale Gli organi interni erano costretti a spostarsi in maniera innaturale verso l’alto o verso il basso…. Altri problemi erano dati da emorragie interne, e erano diffusissimi i casi di svenimenti o mancamenti per problemi legati alla respirazione e per altri legati anche alla digestione. …d'altronde questo busto tendeva a deformare anche lo stomaco e il fegato
(Giugno 2020 – Nuccio Iacono)Ci sono posti in cui hai la sensazione di esserci già stato, anche se sono nuovi, anche se non assomigliano a niente di ciò che hai visto. Sono quei posti in cui credi di aver già vissuto oppure in cui speri di volerci finire, un giorno, quando non dovrai più rendere conto a nessuno.
Ci sono posti che parlano e raccontano storie di fantasmi, intrecciate ai labirinti delle vie, storie di ragazze innamorate della persona sbagliata e rinchiuse in stanze da cui non riusciranno più a uscire. Quei posti lì, muoiono con i terremoti e rinascono più belli di prima..e non sono per niente normali: se ti distrai un attimo vieni accecato dalla luce delle facciate delle chiese, dal verde dei carrubi e dagli occhi delle persone. Se ti distrai un attimo, non riesci mai a pagare il conto di un ristorante o il biglietto di un museo. In quei posti c’è un castello in cui il nero della pece, elegantissima, smangiucchiata dagli anni, fa da sipario a stanze che trasudano ricchezza, feste, donne dagli abiti barocchi e sensuali. E quegli abiti ci sono, oggi, in ogni stanza, e i manichini diventano fantasmi che non vogliono andarsene da lì: quello del barone Corrado, in cerca del nuovo e ultimo scherzo o quello della regina Bianca, la “Ronnafuata”, che riuscì a fuggire dal castello. Puoi vederli ancora mentre ballano o ascoltano il fortepiano nella sala della musica, loro, i veri Viceré del romanzo di De Roberto.
Ci sono questi posti..e quando te ne vai, non sai se li hai visitati o li hai sognati.
(Settembre 2018 – Luca L’Abbate)

BELLE DA MORIRE…...... da BEATRICE PORTINARI A DONNA FRANCA FLORIO!

Eh si... direi che erano belle da morire tutte quelle donne che inseguivano certi canoni di bellezza. Belle da morire nel vero senso della parola... visto le insidie! 
Avere la cosiddetta PELLE DI LUNA era un obiettivo da raggiungere se si voleva essere considerate belle.
Già in alcuni documenti del medioevo avevo notato tra le cronache minori che certe Madonne fiorentine (tra esse anche la Beatrice dantesca), di giorno andavano con il volto coperto da un velo per impedire che il sole anziché risaltare la loro bellezza la “oscurasse” con l’odiato effetto abbronzante.
Aver la pelle di porcellana era una ossessione che raggiunse l’apice dal XVIII alla fine del XIX con il micidiale ma insospettato Trucco a base di polvere di piombo e arsenico.
Dal Candore di Luna della bellezza al Pallore della morte per avvelenamento il legame era subdolo. I segni di avvelenamento da piombo e arsenico erano molteplici: mal di testa, nausea, anemia, paresi, insonnia e un costante sapore di metallo in bocca; tutti disturbi che i medici del XVIII e XIX secolo riscontravano regolarmente nelle donne di quel tempo.
Un caso particolare invece lo abbiamo con DONNA FRANCA FLORIO che per aderire al “concetto estetico del tempo” si sottopose a Parigi ad un dolorosissimo trattamento per schiarire la pelle del viso. Si fece infatti porcellanizzare la pelle, (si diceva: “smaltare il viso”) con una serie di iniezioni… per niente salutari.
Cosa si fa per essere belle da Morire!!!!!!
(Aprile 2020 – Nuccio Iacono)

L'ISOLA...OPS... L'ASOLA DEI BOTTONI.

A Donnafugata è conservata una importante raccolta di bottoni storici ed artistici all'interno della Collezione di abiti e accessori Gabriele Arezzo Di Trifiletti.
Si tratta di una raccolta di gran pregio che ha avuto l'ottima recensione ed expertise da parte di una delle massime esperte del settore.
Sistemando per tipologia ho pensato alla loro storia. ho pensato al XII secolo, periodo luminoso che con il poema La Chanson de Roland ci offre la prima menzione letteraria sul bottone. 
La Francia fu il primo paese ad utilizzarli, specialmente per fissare piume, pennacchi e veli ed altri accessori dell’abito. Alla metà del XVI secolo, anche se mancando le asole, la fila di bottoni conservò una funzione ornamentale, diventando un pregiato elemento decorativo dei mantelli e degli abiti dei sovrani e dei potenti, tanto da affidarne la preparazione agli orafi. L’abbondanza di particolari, le forme, i materiali e la ricercatezza nell'impiego dei bottoni sono chiamati alla funzione di status symbol.
Nel '700 il bottone raggiunse il massimo sviluppo. Curioso osservare come l'uso ornamentale del bottone sia prerogativa prevalente dell'abbigliamento maschile, delle giacche in particolare; del resto le dame avevano ben altre risorse per ostentare la loro ricchezza, collane, orecchini, diademi.
Anche nella prima metà dell'800, quando l'abbigliamento maschile si fece più sobrio, una bella fila di bottoni di madreperla o di ottone, rendeva elegante anche il più banale panciotto.
Con l'avvento della rivoluzione industriale il bottone diventò un accessorio di uso comune, creato non più da artigiani specializzati, ma prodotto su vasta scala e con l'impiego di nuovi materiali come il corno, la galatite, il poliestere.
(Aprile 2020 – Nuccio Iacono)

“SCARPE” DIEM…. È meglio stare con i piedi per terra!!!!

Chi si sbalordisce per le scarpe con tacchi vertiginosi di oggi credo andrebbe in crisi difronte a certi esempi del passato. Più che calzare delle scarpe si dovrebbe dire “salire sulle scarpe”. All’inizio del XV secolo, a Venezia vi fu la moda di un modello di calzatura che ebbe un grande seguito in tutta Europa e si diffuse per più di duecento anni. Si trattava di pianelle o pantofole montate su di un’altissima suola in legno o in sughero, talvolta decorata con pietre preziose, dipinta o rivestita in cuoio e/o in tessuto. Queste scarpe erano chiamate in dialetto veneto Zoppieggi o Sopei, in altre regioni d’Italia Calcagnini ed in Francia Chopines. Alcuni in maniera spregiativa, le chiamavano “zoccolo di mucca”. E il paragonare una donna ad una mucca certamente contribuì alla fine di questa moda… non più Chic! Basta osservare poi le foto che allego per capire cosa poi voleva dire cadere dagli zoccoli
(Febbraio 2020 – Nuccio Iacono)

PERICOLI IN TESTA

Pensando al detto “aver un diavolo per capello” mi viene naturale pensare al fuoco e quindi agli incidenti più o meno domestici delle nobildonne di un tempo quando andava in voga il FONTAGE. 
Il Fontage è una tipologia di acconciatura la cui origine divertente viene ricondotta per tradizione ad un fatale pomeriggio sotto il regno del Re Sole. Luigi XIV e la sua amante, la Marchesa de Fontage erano impegnati in una battuta di caccia a cavallo allorquando la nobildonna si vide volare via il cappello in aria…. Per evitare ogni fastidio fu necessario legare i capelli con un nastro di velluto. Quell’acconciatura incantò il Re a tal punto che il suo gradimento divenne moda. Nel giro di pochi giorni la moda si diffuse tra tutte le dame di corte, poi in tutta la Francia e infine in Europa.

Tra le nobili signore si fece a gara anche nell’ornamento e dal semplice nastro di velluto tra i capelli si iniziò a pensare a soluzioni sempre più stravaganti. Si inserì una “composizione a mo’ di copricapo” fatta da pregiati nastri, merletti, perle, e strutture particolarmente ingombranti e poco pratiche da indossare. Così come si era accennato ai problemi di salute apportati dai corsetti che stringevano la vita a clessidra… così quelle pesanti impalcature addobbate su intricate acconciature generava forti dolori al collo e limitava molti movimenti. Una diavoleria direi per chi pur di andar dietro una moda non rinunciava ad aver un diavolo per capello…. E quindi correva pure altri rischi.

Il Fuoco, si, proprio il Fuoco venne ricordato dai cronisti del tempo come uno dei pericoli più diffusi e come la causa di alcuni disastri.
Basti citare qui la triste storia della Nobile Ilten che durante una festa da ballo organizzata nel castello del re Ludwig di Baviera, volteggiando urtò un lampadario di candele con il suo ricco e alto Fontange che… divenne presto fiammeggiante… Prese fuoco infatti e provocò ustioni al viso e al collo. Per fortuna non si diede alla fuga… altrimenti il fuoco si sarebbe propagato tramite tende e tendaggi
(Febbraio 2020 – Nuccio Iacono)

L’ABITO NON FA IL MONACO? … A DONNAFUGATA FA IL CARDINALE!!!.

Nella collezione si annovera l’abito talare del noto Cardinale Arezzo Tommaso: conosciuto come “il cardinale che si oppose a Napoleone”. Si oppose e non giuro' fedelta' a Napoleone e per questo deportato a Bastia , in Corsica.
Di nobilissima famiglia palermitana, feconda di uomini illustri per pietà e scienza, nacque il 17 dicembre 1756 ad Orbetello. Dopo gli studi romani nel collegio nazareno fu ammesso da Pio VI alla prelatura e nominato successivamente vice-legato di Bologna, Governatore di Fermo, Perugia e Macerata, dove fu delegato per volere di Pio VII. Fu inviato presso le corti di Russia e di Dresda.
Pio VII lo nominò pro-governatore di Roma. Nel 1814, ritornato Pio VII alla sua Sede, nominò Tommaso Pro - commissario del Santo Offizio, e membro della Congregazione per la Riforma.

Nel marzo del 1816 fu Cardinale del titolo di San Pietro in Vincoli e quindi legato apostolico di Ferrara che governò saggiamente per 14 anni. Nel 1820 passò al vescovato suburbicario di Sabina, e nel 1830, Pio VIII lo promosse a vice cancelliere di S. Chiesa. Morì il 3 febbraio 1833 e il Pontefice volle essere presente alle esequie che furono celebrate, nella chiesa commendataria di S. Lorenzo in Damaso, ove fu sepolto.
(Marzo 2015 – Nuccio Iacono)

VISITATORI INDIVIDUALI

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6 - 18 anni

over 65

Studenti 18 - 26 anni con libretto universitario

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2019 collection

Let’s face it, no look is really complete without the right finishes. Not to the best of standards, anyway (just tellin’ it like it is, babe). Upgrading your shoe game. Platforms, stilettos, wedges, mules, boots—stretch those legs next time you head out, then rock sliders, sneakers, and flats when it’s time to chill.

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TARIFFA CUMULATIVA: 2,00€

A studente + 1 accompagnatore a classe gratuito 

Finché la situazione pandemica non sarà rientrata, gli ingressi sono contingentati in gruppi di massimo 5 persone ogni 10 minuti. Pertanto le tariffe scuola sono momentaneamente sospese. Leggi il regolamento

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10 persone (1 omaggio e 9 paganti) previa prenotazione

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