Corrado Arezzo
Negli anni ’40 dell’Ottocento, con l’implemento dell’azienda agricola, la produzione cerealicola fu arricchita con l’allevamento e la trasformazione dei prodotti agricoli: fu probabilmente in questo momento che Donnafugata si strutturò come un vero e proprio borgo, tramite l’installazione di un viale principale che, “occultando la disordinata agglomerazione di corpi abitativi sul retro, fissava un inequivocabile rapporto ordinato e gerarchico tra gli elementi principali: viale, esedra, portale e casina padronale, riproponendo il binomio strada-piazza che caratterizza ogni struttura urbana”.
(Milena Gentile, Il Castello di Donnafugata tra neogotico e pittoresco, Ed. Caracol 2017).
Anche la masseria subì modifiche conseguentemente alla creazione del borgo. Al posto del ricovero per animali o stoccaggio di derrate nei bassi del Castello, furono posizionati i servizi connessi alla funzione residenziale: le cucine, le dispense e la cappella. In particolare l’ubicazione della cappella, prima accessibile solo dall’interno del cortile e solo successivamente spostata sul prospetto del castello, con diretto accesso dal borgo, conferma la volontà di indipendenza da parte degli abitanti che in questo luogo cominciarono a vedere più di un semplice posto di lavoro.
Decisiva fu in questo processo la figura del figlio di Francesco, Corrado Arezzo De Spuches che, assecondando la moda anglofila dello “stile castello” arricchì negli anni ’80 dell’Ottocento la visione neoclassica di Donnafugata con modelli neogotici, perseguendo la tendenza all’eclettismo tipica del periodo. Così si spiega la trifora a tre luci in stile neogotico veneziano che occupava i due ordini del prospetto principale della villa, come nel dipinto conservato tuttora al Castello.